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Corte di Cass., Sez. I, ordinanza 21/07/2025 n. 20415

Nelle ultime settimane ha suscitato grande attenzione una sentenza definita da molti come “innovativa” e persino “rivoluzionaria” che – secondo alcuni commentatori – rappresenterebbe una vera e propria apertura ai cosiddetti patti prematrimoniali di matrice anglosassone, finora esclusi dal nostro ordinamento.

La Corte di Cassazione ha infatti affermato la validità di un accordo patrimoniale tra i coniugi subordinato alla cessazione del loro rapporto matrimoniale.

Ma cosa è successo davvero?

Il caso sottoposto all’attenzione dei Giudici riguarda due coniugi che, anni prima della separazione, avevano sottoscritto una scrittura privata con cui il marito, dopo aver riconosciuto che la consorte aveva contribuito al pagamento del mutuo contratto per la ristrutturazione dell’appartamento solo a lui intestato con somme provenienti dall’eredità dei di lei genitori, dichiarava che, in caso di separazione, sarebbe divenuto debitore nei confronti della moglie della somma di € 146.400,00 mentre quest’ultima rinunciava, in suo favore, ad alcuni beni mobili (imbarcazione, arredo dell’appartamento, somme di denaro depositate in conto corrente).

In giudizio, il marito sostiene che l’accordo stipulato sia nullo poiché contrario alle norme imperative che disciplinano il rapporto matrimoniale (diritto/dovere di assistenza morale e materiale).

Con questa sentenza, invece, la Corte qualifica l’accordo come un contratto atipico a condizione sospensiva lecita (ai sensi dell’art. 1322 co. 2 c.c.): l’evento critico (la fine del matrimonio) non costituisce la causa del patto, ma solo la condizione che ne attiva gli effetti patrimoniali previsti.

In realtà, già in passato la Corte di Cassazione si era occupata della validità dei patti tra coniugi volti a stabilire in che modo dovessero essere regolati i loro rapporti patrimoniali nel momento in cui dovesse sopravvenire una crisi matrimoniale.

Alcuni precedenti

Più di vent’anni fa la Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 8109/2000, aveva precisato che è valido l’accordo con il quale i coniugi avevano convenuto che, in caso di divorzio, l’uno avrebbe corrisposto all’altra una somma di danaro mensile, che aveva «la funzione di porre fine ad alcune controversie di natura patrimoniale insorte tra i coniugi».

Con la sentenza n. 23713/2012 la Corte di Cassazione aveva poi riconosciuto piena validità all’accordo tra i coniugi che volessero regolamentare i loro rapporti patrimoniali in caso di fallimento del matrimonio, «in quanto contratto atipico con condizione sospensiva lecita, espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, cod. civ.».

Ancora, con la sentenza n. 19304/2013, la Corte di Cassazione ha sancito la validità di un mutuo tra coniugi nel quale l’obbligo di restituzione sia sottoposto alla condizione sospensiva dell’evento, futuro ed incerto, della separazione personale, non essendovi alcuna norma imperativa che renda tale condizione illecita.

Più di recente, nel 2021 (Cass. 11012/2021) si è ritenuto valido un accordo tra i coniugi in forza del quale l’uno si obbliga, in caso di divorzio, a corrispondere all’altra, nell’ambito di una divisione mobiliare e immobiliare, una somma di danaro vita natural durante, integrando un valido contratto di rendita vitalizia sottoposto alla condizione sospensiva del divorzio).

Nel 2024 (ordinanza n. 13366/2024) la Corte di Cassazione ha poi precisato che «durante il matrimonio, ciascun coniuge è tenuto a concorrere ai bisogni della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze e, a seguito della separazione, non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese così sostenute in modo indifferenziato; il menzionato principio è, tuttavia, suscettibile di deroga tramite un accordo contrattuale tra le stesse parti, in quanto lo stesso può meglio rispecchiare le singole capacità economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi».

Come si può notare, quindi, a differenza delle interpretazioni che parlano di una svolta epocale, si tratta di una nuova tappa di un percorso giurisprudenziale già avviato, non di un capovolgimento netto dell’assetto normativo.

I limiti normativi che già c’erano restano invariati:

    1. Nessuna deroga ai doveri inderogabili del matrimonio (art. 143 e 160 c.c.), il patto non può incidere su fedeltà, assistenza, coabitazione.
    2. I minori non sono negoziabili: l’affidamento, il mantenimento dei figli, il diritto di visita rimangono esclusi da ogni previsione preventiva

In conclusione:

  • Sì, la Cassazione ha ribadito un riconoscimento giuridico più solido degli accordi patrimoniali tra coniugi in ipotesi di crisi.
  • Ma questo non significa che si tratti di una rivoluzione: si inserisce piuttosto in un percorso prudente, graduale e coerente con le regole fondamentali del nostro ordinamento.
  • Occorre cautela: ogni patto di questo tipo richiede assistenza legale qualificata e attenzione formale, affinché sia valido e rispettoso dei limiti di legge.

 

Avv. Monica Bonati